Il Credo
CATECHESI SULLA PROFESSIONE DELLA FEDE
Iniziamo con il giornalino parrocchiale di questa settimana una catechesi sul “CREDO”. Sarà un percorso di approfondimento delle Verità principali della nostra Fede. In un periodo di grande confusione, sarà importante riscoprire i punti fermi della nostra religione, per non lasciarci portare qua e là dalle opinioni e dalle mode.
L’esigenza di esprimere e trasmettere la propria fede in formule brevi e obbligatorie per tutti è emersa nella Chiesa fin dalle origini. Esse venivano chiamate “Credo” a motivo della prima parola, perché incominciavano con l’espressione “Io credo”. Venivano anche chiamate “Simboli della fede”, perché la parola greca “Symbolon” indicava la metà di un oggetto spezzato (per esempio un sigillo) che veniva presentato come segno di riconoscimento. Le parti rotte venivano ricomposte per verificare l’identità di chi le portava. Il Simbolo della fede è quindi un segno di riconoscimento e di comunione fra i credenti. La stessa parola “Symbolon” passò poi a significare “raccolta”, “collezione” o “sommario”. Il Simbolo della fede significa la raccolta delle Verità principali della fede. La prima professione ufficiale della fede veniva fatta al momento del Battesimo.
Fra tutti i Simboli della fede due occupano un posto specialissimo nella Chiesa. Sono: “Il Simbolo degli Apostoli” e “Il Simbolo niceno-costantinopolitano”.Il primo è quello che si recita ogni giorno nelle preghiere del buon cristiano. Il secondo è quello che viene recitato durante la Messa alla domenica e nelle Solennità.
Il Simbolo degli Apostoli è chiamato così perché rappresenta una sintesi fedele della dottrina insegnata dagli Apostoli. Esso è il più antico dei Simboli e deriva la sua grande autorità dal fatto di essere l’antico Simbolo battesimale della Chiesa di Roma, dove la fede è stata testimoniata, fino al martirio, dagli Apostoli Pietro e Paolo.
Il Simbolo Niceno-Costantinopolitano trae la sua grande autorità dal fatto di essere il frutto dei primi due Concili ecumenici della Chiesa, tenutisi negli anni 325 a Nicea e 381 a Costantinopoli. Esso è più ampio del precedente e ne approfondisce le tematiche fondamentali.
Nella nostra catechesi seguiremo il Simbolo degli Apostoli che è così formulato nei suoi dodici articoli:
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra.
E in Gesù Cristo, suo unico Figlio, nostro Signore,
Il quale fu concepito di Spirito Santo, nacque da Maria Vergine,
Patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
Discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte;
Salì al cielo, siede alla destra di Dio, Padre onnipotente;
Di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
La santa Chiesa Cattolica, la comunione dei santi,
La remissione dei peccati,
La risurrezione della carne,
La vita eterna. Amen.
IO CREDO IN DIO
Il bisogno di Dio è insopprimibile
Dicendo “Io credo in Dio”, l’uomo decide del senso della sua vita e del suo destino eterno. Il riferimento ad un Essere supremo è una costante della storia dell’uomo, fin dai tempi della preistoria. Non esistono popoli non religiosi. L’uomo infatti non è un animale al quale basta vivere. Egli ha bisogno di dare un senso alla vita. In lui vi è un’attività spirituale da cui nasce l’esperienza religiosa. In tutte le religioni significative vi è l’esigenza di cercare l’assoluto e l’eterno. La religione è il segno incancellabile che l’uomo non è riducibile a ciò che mangia.
Una delle tesi più ricorrenti del pensiero moderno è che la religione sia l’espressione dello stadio infantile dell’umanità, destinata quindi a lasciare il posto a forme superiori di conoscenza, come quella scientifica. L’uomo che crede in Dio non sarebbe ancora un uomo adulto. Chi sarebbe quindi l’uomo maturo? Quello che ha la consapevolezza della sua assoluta autonomia. L’uomo infantile crede che Dio abbia creato l’uomo. L’uomo adulto invece sa che è l’uomo ad aver creato Dio. È nata così l’illusione che fosse possibile una vita senza Dio. Sappiamo come dei regimi ferocemente antireligiosi abbiano cercato in tutti i modi di imporre l’ateismo. Hanno indubbiamente causato danni enormi sul piano personale e sociale, ma si può dire che siano riusciti a estirpare la religione?
La motivazione ineliminabile della religione è la natura spirituale dell’uomo. L’uomo non coincide col suo corpo, che è soltanto la dimensione esteriore e terrestre della sua persona. Egli ha un’anima immortale, dalla quale zampilla il suo essere intelligente, consapevole, libero, capace di agire moralmente e soprattutto di amare. Bisognerebbe uccidere l’anima per eliminare la religione. Ma l’uomo senza anima è ancora un uomo?
DIO SI È FATTO CONOSCERE
Non ti sei mai chiesto, prendendo in mano il libro per eccellenza, la Bibbia, quello straordinario complesso di testi, scritti nel corso di un millennio, perché sia chiamato “Parola di Dio”?. Eppure sono degli uomini, sia pure animati da una grande fede, che li hanno scritti. Quei libri sono chiamati “Parola di Dio”, perché in essi è Dio che parla. Forse questo è un pensiero che non avevi mai preso in considerazione. Credevi che Dio fosse inconoscibile, nascosto e forse anche assente dalla vita delle persone e dagli avvenimenti della storia. Non è così. Dio non ha creato il mondo e l’uomo per abbandonarli a un cieco destino. Egli veglia su di noi, ci accompagna, provvede alle nostre necessità, ci guida quasi di nascosto, ma soprattutto ci parla di lui e del suo progetto di immenso amore per ciascuno di noi.

In nessun libro sacro delle religioni Dio appare in tutta la sua grandezza, bellezza, santità e verità come nella Bibbia. Se vuoi conoscere il volto nascosto di Dio è nella Sacra Scrittura che devi cercarlo. In quelle pagine divine e immortali è raccontata un’esperienza di Dio straordinaria che ogni uomo è chiamato a fare. Passo dopo passo Dio toglie i suoi veli, con i quali si nasconde ai nostri occhi, e si “rivela”.
Il piccolo popolo ebreo, destinatario di questa rivelazione perché fosse un dono per tutta l’umanità, scopre sempre più il volto autentico del Creatore fino alla rivelazione suprema, quando Dio invia nel mondo i suo Figlio, divenuto uomo nel grembo della Vergine Maria. Allora è guardando al volto di Gesù Cristo che noi vediamo il Padre. Per conoscere Dio dobbiamo guardare a Gesù. Egli è Dio che ha assunto la natura umana. Attraverso le parole di Gesù, le sue opere, ma soprattutto attraverso il mistero della sua persona di Uomo-Dio, a noi è dato di entrare in contatto con l’Assoluto. Altre vie non ve ne sono. Gesù è la “via” che il Padre ha donato a tutti gli uomini perché giungessero a lui.
IL PADRE
Chiamare Dio col nome di “Padre” non è specifico del cristianesimo. Tale affermazione si trova anche in altre religioni. Gli antichi greci ad esempio chiamavano Zeus “padre degli dei e degli uomini”. L’Antico Testamento conosce la paternità di Dio, della quale parla con espressioni profonde e commoventi, descrivendo la tenerezza di Dio per le sue creature con i tratti non solo della paternità ma anche della maternità. In particolare viene affermato che Dio è il “Padre dei poveri”, dell’orfano, della vedova, che sono sotto la sua speciale protezione. Tuttavia Dio è chiamato “Padre” in quanto Creatore del mondo che egli conserva e governa con somma sapienza e infinito amore. Non siamo ancora arrivati a quella rivelazione della paternità divina che ci ha donato Gesù Cristo.
Gesù ci ha rivelato che Dio è “Padre” in un senso inaudito: non lo è soltanto in quanto Creatore; egli è eternamente Padre in relazione al Figlio suo unigenito. Quando noi diciamo che Dio è Padre, lo affermiamo in primo luogo riguardo a Gesù Cristo, che è il Figlio del Padre eternamente generato. Lo affermiamo anche riguardo a noi, ma solo perché siamo “figli nel Figlio”, uniti a Gesù mediante la fede e la grazia.
Questa esclusività del suo rapporto col Padre, Gesù l’ha ribadita molte volte, distinguendo anche fra “Padre mio” e “Padre vostro”. Egli non si è messo sul nostro piano in rapporto al Padre, ma al contrario si è messo sullo stesso piani del Padre: “Nessuno conosce Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Matteo 11,27).
A questa rivelazione della paternità di Dio da parte di Gesù ha corrisposto la fede degli Apostoli, i quali hanno visto in lui “il Verbo” che “in principio era presso Dio e il Verbo era Dio” (Giovanni 1,1).
Sulla scia della Tradizione apostolica, la Chiesa ha professato che il Figlio è “consustanziale al Padre”, cioè è un solo Dio con lui. In seguito è stata formulata quella professione di fede che i cristiani recitano ogni domenica, quando confessano “il Figlio unigenito di Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre”.
ONNIPOTENTE
Gli aggettivi divini sono tanti: l’onniscienza, la bontà, la sapienza, la santità, la giustizia, la misericordia e molti altri.
Il Credo fra tutti cita l’onnipotenza: “Noi crediamo che tale onnipotenza è universale, perché Dio, che tutto ha creato, tutto governa e tutto può; amante, perché Dio è nostro Padre; misteriosa, perché soltanto la fede la può riconoscere” (Catechismo della Chiesa Cattolica).
Descrivere l’onnipotenza di Dio non è facile, perché essa supera ogni capacità umana. San Tommaso d’Aquino al riguardo così dice: “La volontà di Dio si realizza sempre”. Quando questa convinzione di fede illumina la vita, tutte le paure e le angosce svaniscono come nebbia al sole. Infatti la volontà di Dio è una volontà di amore. Essa può tutto ciò che vuole.
L’onnipotenza divina si estende a tutta la creazione; nulla a Dio è impossibile ed egli dispone della sua opera come gli piace. Pur rispettando la libera volontà degli uomini, egli muove i cuori e guida gli avvenimenti secondo il suo beneplacito. Ciò che Dio nella sua infinita sapienza e bontà decide, immancabilmente si realizza, nonostante la resistenza delle creature.
CREATORE DEL CIELO E DELLA TERRA
Con l’apparire dell’uomo sulla terra sono incominciati quegli interrogativi che sono propri di chi possiede un’anima spirituale. All'uomo infatti non è mai bastato vivere, come avviene per gli animali. Egli non cessa mai di porsi le questioni riguardanti l’origine e il fine dell’universo e il significato della sua vita.
“Chi sono?”, “Da dove vengo?”, “Dove vado?”, “Qual è il senso della vita, del dolore, del male e della morte?”, “Da dove viene tutto ciò che esiste?”: sono quelle domande ineliminabili che accompagnano il pellegrinaggio degli uomini sulla terra e alle quali essi hanno tentato in diversi modi di rispondere.
La Sacra Scrittura afferma: “In principio Dio creò il cielo e la terra” (Genesi 1,1). Queste prime parole della Bibbia contengono tre affermazioni: Dio eterno ha dato inizio a tutto ciò che esiste fuori di lui. Egli solo è Creatore. La totalità di ciò che esiste (espressa nella formula “il cielo e la terra”) dipende da colui che le dà l’esistenza: Che cosa ha spinto Dio a creare il mondo? Qual è la motivazione ultima della creazione?
La Sacra Scrittura e la Tradizione affermano che il mondo è stato creato per la gloria di Dio. Si tratta di un’espressione che deve essere intesa nel senso giusto. Dio infatti non ha creato per sé stesso, quasi avesse bisogno di qualcosa. Egli ha creato tutte le cose “non per accrescere la propria gloria, ma per manifestarla e per comunicarla” (San Bonaventura).
La motivazione ultima è l’esigenza di donare il suo amore e la sua gioia. La gloria di Dio è dunque la felicità dell’uomo. Il Creatore non si è tenuto gelosamente per sé la sua divinità, ma l’ha generosamente donata a noi, traendoci dal nulla e predestinandoci alla gloria trinitaria. Essere Dio per partecipazione è la nostra meta finale. Dio non poteva concepire qualcosa di più grande.
Dicendo che Dio è il creatore del cielo e della terra, il Credo vuole affermare che tutto ciò che esiste è stato tratto dal nulla dalla mano dell’Onnipotente. Per cielo e terra si intendono tutte le cose visibili e invisibili. La terra è il mondo degli uomini, mentre il cielo è il luogo proprio di Dio e degli Angeli che lo circondano. È anche la meta a cui l’uomo è predestinato dalla divina misericordia.
La professione di fede del Concilio Lateranense IV afferma che Dio, “fin dal principio del tempo, creò dal nulla l’uno e l’altro ordine di creature, quello spirituale e quello materiale, cioè gli Angeli e il mondo terrestre; e poi l’uomo, quasi partecipe dell’uno e dell’altro, composto di anima e di corpo”.